Oggi nel processo di creazione dell’immagine aziendale uno dei temi più rilevanti è il Brand Activism: l’attivismo di marca.
Si parla di Brand Activism quando un’azienda si schiera e parteggia nei riguardi di un problema di natura politica, sociale, economica o ambientale. Le aziende hanno capito che prendere una posizione oltre a migliorare l’immagine aumenta i profitti.
L’autenticità è molto importante per il brand attivista: una dichiarazione deve essere seguita dai fatti che devono essere coerenti con l’identità e i valori del brand, oppure il rischio è quello di apparire ipocriti e opportunisti.
Storicamente la maggior parte dei marchi è stata commercializzata facendo leva sulle loro caratteristiche di prestazione. Oggi questa linea non è più sufficiente in un mercato competitivo come il nostro.
Se si considera uno dei più grandi pubblici di riferimento, i Millenials, si nota che per molti di loro è importante che i brand da cui acquistano siano socialmente impegnati e di conseguenza si aspettano non solo un prodotto o servizio di qualità, ma che vengano difesi i propri valori.
In una società divisa da opinioni sempre più polarizzate e ossessionate dai social media, le persone non esitano a giudicare il coinvolgimento dei brand (o la sua mancanza) nelle questioni sociali e politiche. Di conseguenza anche il brand stesso non può astenersi dalla discussione.
Budweiser si racconta attraverso la storia di un immigrato, parlando delle sue origini che coincidono con le radici dell’identità americana fondata sull’incontro e il coraggio di inseguire un sogno per dimostrare il proprio valore.
Il viaggio dell’eroe Adolphus Busch inizia dalla Germania verso gli Stati Uniti mosso dal sogno di fabbricare “The King of Beers”. Superando momenti difficili riuscirà ad incontrare Eberhard Anheuser, proprietario di una birreria a Saint Louis. Insieme, fonderanno Budweiser.
Cosa ha funzionato:
Quella di Budweiser è una storia di marca che parla a tutti gli americani. In particolare è rivolta a quelli che sono usciti provati dalla crisi economica e ai nuovi imprenditori, a quelli che guardano con ostilità chi arriva da fuori e a tutti coloro che arrivano in America per restare.
Il messaggio su cui si fa leva è che non bisogna rinunciare ai propri sogni, lottando duramente per realizzarli.
Questa campagna attivista trova la sua forza in un posizionamento credibile e delicato.
Pepsi si racconta attraverso la protagonista di questo spot, la famosa modella e star della tv americana Kendall Jenner, che impegnata in un servizio fotografico viene distratta da un corteo di manifestanti. Decide di abbandonare il set e raggiungere il corteo. Giunta di fronte a un cordone di poliziotti, riesce a stemperare la tensione offrendo loro una lattina di Pepsi.
Pepsi con questa pubblicità, considerata uno dei più grandi fallimenti degli ultimi anni, è stata accusata di banalizzare le tensioni politiche americane e il movimento Black Lives Matter.
Nonostante le scuse di Pepsi e di Kendall Jenner lo spot è stato ritirato a causa di polemiche accese.
Cosa non ha funzionato:
E’ stata criticata la scelta di inserire come testimonial una ragazza conosciuta sul web per uno stile lussuoso e superficiale che non ha nulla in comune con i disagi di chi protesta. Ci si è rivolti al pubblico della rete con la stessa modalità di uno spot televisivo calato dall’alto senza interazione alcuna, volgarizzando un tema complesso e controverso.
Quel che è peggio è che sono stati strumentalizzati i movimenti di protesta trasformando il tutto in una grande festa di strada, ottenendo un risultato poco credibile.
Ha riassunto bene il tutto Berenice King, figlia di Martin Luther King Jr che, in un tweet ha scritto: “Se solo mio padre avesse conosciuto il potere di Pepsi!”
In definitiva, in un mondo altamente esperienziale e complesso ognuno di noi, persone o brand, sente la necessità di posizionamenti esistenziali.
Oggi non esiste marchio che, direttamente o indirettamente, non si sia schierato su un determinato tema sociale attraverso campagne pubblicitarie più o meno azzeccate. Il posizionamento attivista, se ben condotto, arriva al cuore del pubblico ma inevitabilmente alza anche il livello di attenzione e di aspettative riposte.
È quindi importante mantenere una coerenza totale sugli elementi comunicativi, mettendo in conto di dover gestire anche reazioni contrarie.
Elisa Donati
con Serena Bugna, Alessandra Marcandalli