Hashtag, cartelloni e inviti accorati che leggiamo, sentiamo e ripetiamo più volte al giorno in queste settimane, suscitando commozione, un po’ di orgoglio e positività. Sappiamo bene quanto la fiducia incida sulla crescita: se pensiamo che il nostro futuro sarà migliore, costruiamo casa, acquistiamo un’automobile, facciamo una vacanza o decidiamo di iscriverci a quel corso di inglese; se invece pensiamo che il futuro sarà peggiore, risparmiamo tutto quello che possiamo e nel frattempo l’economia reale si ferma con casse delle banche piene e zero impieghi: il peggio che può succedere.
Se potessimo tornare indietro di qualche mese, quale miglior incoraggiamento avrebbe voluto un imprenditore o un manager dopo aver comunicato ai collaboratori: “dobbiamo cambiare la linea produttiva e pure la modalità di vendita perché se andiamo avanti così falliamo in pochi mesi…”? Probabile che un “bene, nulla sarà più come prima, ma insieme ce la facciamo! Tutto andrà bene!” avrebbe ottenuto l’effetto “come caricarti a molla” del mitico discorso del coach D’Amato/Al Pacino in Ogni Maledetta Domenica.
Oppure, quale risposta migliore avrebbe voluto un nostro consulente aziendale o un nostro formatore alla domanda: “ma cosa vi aspettate da questo percorso formativo?”. Un “che nulla sia più come prima, ma insieme ce la facciamo! Andrà tutto bene!”: un ottimo inizio direi e poca fatica a far comprendere i vantaggi delle innovazioni da introdurre.
Mantenere lo stesso mood fiducioso anche quando l’emergenza virus sarà finita non sarà certo facile. Pensiamo, ad esempio, agli imprenditori del turismo che pare subiranno un 2020 segnato da un meno 60% delle presenze e con la prospettiva di un 2021 che dipenderà dalla portata dell’onda lunga che questa crisi determinerà; in questo caso ad “andrà tutto bene” dovremmo aggiungere “…ma non da subito, ahi noi”.
Comunque la si pensi, ogni crisi è una formidabile occasione per imparare qualcosa di nuovo; vi propongo queste considerazioni proprio partendo dalle tre frasi:
“insieme ce la facciamo”, ovvero: di certo non mi basto. Sarà mica che il co-operare, se vogliamo un’economia più stabile, è migliore del competere? In un’economia che è contraddistinta per più del 90% da micro e PMI, è forse necessario incentivarne una crescita dimensionale o una loro collaborazione stabile, se vogliamo recuperare quelle capacità di investimento necessarie a prepararci al futuro? Se le risposte fossero SÌ, il primo passo da fare, a livello di strategia aziendale o è adottare un modello organizzativo che valorizzi la delega, che, guarda caso, si fonda sulla fiducia.
“andrà tutto bene”, perché dopo una grande paura e aver visto il fondo, sappiamo che le cose non possono che andare meglio. Lo stato d’animo migliore per lo sviluppo dell’economia reale è quella di un ottimismo diffuso sul futuro; in Italia, in particolare, è da un bel po’ che non siamo in questa condizione, forse proprio dal dopoguerra. Il primo decreto Cura Italia è servito per dire lo “Stato c’è”, ma poi sarà necessario un piano di incentivi agli investimenti che prolunghi, e dia sostanza, all’effetto.
“nulla sarà più come prima”; e per fortuna ci sarebbe da dire! Tra le tante cose che meritano un ripensamento, quello che probabilmente dovremmo rivedere fin da subito è il nostro rapporto con le tecnologie dell’informazione e dell’automazione. Capire che sono strumenti che servono per lavorare “meglio” e non “di più” ci farebbe finalmente comprendere in cosa consiste lo smart-working – che non è il lavoro a distanza… – e come questo aiuti l’aumento della produttività, vero cruccio di ogni imprenditore e manager.
Detto questo, provo a riformulare così le tre frasi da cui siamo partiti: “Nulla sarà più come prima, ma se stiamo insieme, andrà tutto bene”.