PORTARE IL VALORE AL CENTRO
C’è molto di più di quello che sembra. Siamo abituati a pensare alla nostra esperienza di lavoro in modo esclusivo, come se fosse divisa dalla nostra esperienza di vita. Oggi più che mai stiamo capendo che non è così, che non è possibile separare lavoro e vita privata, che uno influenza l’altra. La prospettiva per la quale il lavoro e la vita privata si contrastano e si rubano spazio si è rivelata estremamente limitante e assolutamente statica, certamente non utile a farci crescere nella gestione del tempo che abbiamo a disposizione.
Il futuro del lavoro è … oggi!
In fondo di questo si tratta, del tempo, i dipendenti ne vogliono più per sé, gli imprenditori temono di vedere i costi alzarsi e i fatturati abbassarsi. E se ci fosse di più? E se affrontassimo seriamente i temi della produttività e della responsabilità abbandonando controllo e vincoli inutili?
Il fenomeno delle “great resignation”
Negli ultimi mesi si è parlato molto di dimissioni, di persone che scelgono di andarsene da luoghi di lavoro tossici, dove stress e frustrazione raggiungono livelli altissimi. Non solo, i lavori oltre a essere lasciati non vengono accettati. Stiamo chiedendo di fare più, non di meno, stiamo chiedendo di più perché gli ultimi due anni hanno sconvolto fortemente la nostra quotidianità e ci siamo resi conto che un modo diverso di fare le cose è possibile.
Più qualità della vita
In Europa l’argomento è spesso centrale e negli anni è stato affrontato principalmente in due modi:
- settimana lavorativa più corta
- telelavoro
In Francia nel 2002 la settimana lavorativa divenne per legge di 35 ore. In Spagna, Scozia e in Belgio è stato avviato un esperimento per la settimana di 4 giorni e anche il Giappone ci sta pensando. Tra le esperienze ci sono alcune differenze ma il senso rimane sempre lo stesso. Di telelavoro si parla almeno dagli anni 60 del secolo scorso, di smartworking da molto meno: in Italia esiste la legge n. 81/2017 che regolamenta lo Smart Working , che acquisisce ufficialmente il nome di “lavoro agile”.
Un nuovo modo di lavorare
Leggi e regolamentazioni rappresentano un passaggio chiave, resta alla base un lavoro culturale che necessita di tempo e disponibilità, perché quello che stiamo iniziando ad intravedere è un cambiamento radicale e il lavoro a distanza è solo un pianeta che fa parte di una galassia molto più ampia. L’impressione è che si lavori a misure che andrebbero ragionate e sistematizzate in un modello unico. Settimana corta, smartworking e flessibilità sono parti di un quadro che non può che andare nella stessa direzione.
L’essenziale del Piccolo Principe è oggi ben visibile nel mercato del lavoro.
Abbiamo la necessità di abbandonare il controllo sostituendolo con la fiducia, di costruire senso ed incentivare la motivazione, di lavorare quando ci sentiamo più produttivi. Con dei limiti, chiaramente, ma senza focalizzarsi esclusivamente su questi. Si tratta di acquisire nuove conoscenze, di superare barriere e gerarchie in nome di una qualità di vita che valorizzi davvero il tempo che abbiamo a disposizione.
E quindi lo smart working è il futuro?
Cosa potrebbero fare persone più motivate e felici in luoghi di lavoro che oggi fanno vivere esperienze stagnanti? Quanto valore potrebbe creare una persona giovane messa nelle condizioni di esprimersi al meglio invece di seguire regole limitanti che fatica a comprendere? O ancora, un papà che va a prendere la figlia al nido, genitori che non si devono preoccupare di rimanere a casa quando i figli hanno la febbre perché il contesto è pronto tecnologicamente e soprattutto mentalmente a creare le giuste condizioni?
Se l’invisibile nel mercato del lavoro è finalmente visibile e se concordiamo che ogni persona è diversa abbiamo una grande occasione e forse tra 10 anni ci guarderemo indietro pensando a quanto, finalmente, vivere un’esperienza di lavoro serena e stimolante ci sembrerà essere la normalità.
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