Un amico mi ha detto che nell’ultimo mese, in ciascuna delle riunioni settimanali del suo gruppo di lavoro (7-8 persone), almeno una persona ha abbandonato il meeting dopo aver discusso animatamente, anzi dopo aver litigato, con qualcun’altro. Tanto che il mio amico e un suo collega – gli unici a non aver mai abbandonato la riunione – hanno già scommesso tra di loro una birra su chi se ne andrà sbattendo la porta la settimana prossima.
Questo è ovviamente una cosa che mi sono inventato ma, ammettiamolo, è verosimile.
È verosimile perché quello delle riunioni e (spesso) dei loro aspetti negativi è un tema sempre più presente nel “discorso” sui social network, sui media e anche al tavolino del bar.
Ho pensato che questa presenza capillare potrebbe essere anche un mio punto di vista, un effetto della mia bolla personale. È un tema che mi interessa, quindi spesso me ne occupo nel quotidiano, ne parlo con qualcuno, mi informo a riguardo. Ma, in effetti, Google Trends ci dice che, dalla scorsa primavera, la parola riunione viene cercata sul motore di ricerca con una frequenza doppia rispetto ai 5 anni precedenti (dopo un picco di 4x ad aprile 2020).
A riguardo, ho 4 cose da dire, che riassumono il mio punto di vista.
Partiamo da quelle negative: le riunioni sono un costo. Costano in termini di tempo/lavoro, sia quello della durata della riunione che per tutte le attività connesse (trovare data e ora, prepararla, organizzarla, etc…). Costano in termini di attenzione ed energia delle persone coinvolte: come il tempo, queste non sono risorse infinite e quindi vanno amministrate con cura.
Costano in termini di spazio: sale dedicate, account per le varie piattaforme,ecc.
Come tutti i costi, un’organizzazione dovrebbe puntare a ridurli, ad aumentare l’efficienza e, per quanto possibile, a trasformarli in un investimento.
Certo, ovviamente le riunioni sono utili, altrimenti saremmo tutti dei folli!
Sono utili perché le persone interagiscono più facilmente, efficacemente e velocemente rispetto ad altri media, soprattutto per quanto riguarda informazioni complesse o in via di definizione.
Sono utili perché rafforzano le relazioni in un gruppo di lavoro.
Questa l’ho rubata ad Ilaria Magagna di TARA. Negli ultimi mesi ho osservato le riunioni di diversi gruppi di lavoro e non ho ancora trovato una situazione che smentisca questa affermazione.
In effetti, durante una riunione è possibile osservare e valutare lo “stato di salute” di un team.
Negli ultimi 15-16 mesi abbiamo assistito ad uno sforzo straordinario, pare senza precedenti, della comunità scientifica per studiare Covid-19 e per lo sviluppo dei vaccini. Penso di poter dire che un altro enorme sforzo, a livello di ricerca, sviluppo tecnologico e diffusione di saperi e competenze, è stato fatto per permettere alle persone di riunirsi, nonostante sia il principale fattore di rischio per il contagio. Penso alle piattaforme web professionali e non, ai dispositivi per la purificazione dell’aria, all’attivazione di nuovi spazi, allo sviluppo di nuovi modi di usare quelli esistenti, all’impegno profuso da tanti per imparare o insegnare a utilizzare gli strumenti web, ecc
Questo mi fa pensare che, in fondo, le riunioni resteranno a lungo parte delle nostre esperienze quotidiane.
In questa newsletter parleremo di riunioni, di gruppi di lavoro e in generale di temi legati alla parola COLLABORARE che, per noi, riassume un’area di competenze trasversali fondamentali per lavoratori e professionisti.
Affronteremo il tema delle riunioni per quello che è: un fenomeno complesso, per il quale non esiste una “ricetta perfetta”. Di riunioni parlano manager, economisti, antropologi, sociologi, psicologi: il dibattito è aperto e le cose che si possono imparare sono tante.
Ecco una serie di domande sul tema delle riunioni a cui proveremo a dare la nostra risposta nei prossimi mesi: