La pandemia del COVID-19 ha imposto, per cantieri e manifatture, una maggiore attenzione al distanziamento sociale. In attesa della APP per il tracciamento del contagio e del sistematico rilevamento della temperatura, è stato “tradotto all’italiana” con la modifica dei piani per la sicurezza e un numero imprecisato di autocertificazioni; sul piano del modello organizzativo, invece, non è cambiato un granché. Ci saranno evidenti contraccolpi di mercato – negativi ma anche positivi se pensiamo al farmaceutico -, magari una rimodulazione della turnazione, un uso più massiccio dell’automazione, ma il setting e il modello organizzativo non cambia molto, perché il modello di business non si è modificato: acquisto trasformazione e vendita, ovvero ufficio acquisti, produzione e rete vendita. Per le professioni intellettuali, di servizio (compresa la Pubblica Amministrazione) e quelle impiegatizie, la modifica principale sarà data dall’affermazione dello smart-working, partendo da una regolamentazione del telelavoro. Qui cambia il setting e marginalmente il modello organizzativo ma, anche qui, non il modello di business.
I settori che maggiormente risulteranno interessati da cambiamenti organizzativi determinati da una modifica del modello di business sono quelli che vivono di contatto tra persone.
Nella ristorazione, con ogni probabilità, si vivrà una lunga stagione – non infinita speriamo – tra il delivery e l’asporto. Andare al ristorante è vissuto, almeno in Italia, come un rito collettivo o di coppia che difficilmente sopravviverà al plexiglass. Nei ramen-ya giapponesi si mangia già uno a fianco all’altro divisi da una paratia in legno: trenta minuti di fila, sette/otto minuti per la consumazione, 800 yen (circa 7 euro) e assumi tutte le calorie che ti servono per arrivare al giorno dopo. E’ una questione di gusti, ma è pure buono. Ma con la pizza Da Michele o la cotoletta da Ratanà come la mettiamo? Non è detto che delivery e asporto affossino del tutto gli affari, ma molti ristoratori già annunciano che, con le restrizioni imposte per il distanziamento sociale, preferiscono non aprire per nulla. Per chi invece preferirà mantenere aperto dovrà non solo stravolgere l’organizzazione ma anche l’offerta se vorrà trarne un profitto. Per ora non ci sono molte idee oltre al delivery o l’asporto, ma l’ingegnosità dei nostri ristoratori saprà farsi valere nell’attesa che, magari per l’autunno 2021, si torni tutti belli vaccinati a festeggiare il compleanno con una pizza in compagnia.
Le previsioni degli esperti e degli operatori del settore dicono che l’attività ricettiva vivrà di solo turismo vacanziero per almeno due anni. Convegni, convention, viaggi di lavoro, fiere espositive saranno sostituite da videoconferenze e dal definitivo sdoganamento della realtà virtuale. E non sarà un contraccolpo da poco, visto che in Europa, l’Italia, è seconda sola alla Germania per spazi fieristici, anche grazie agli ingenti investimenti (in larga parte pubblici) degli ultimi 15 anni: il pay back period si allungerà inevitabilmente. Finita l’emergenza sarà da comprendere se l’abitudine all’utilizzo delle tecnologie avrà per sempre soppiantato la preferenza all’incontro de visu anche per gli affari.
Al contrario, tornando alle strutture ricettive vocate al turismo vacanziero, godranno di buona stella quelle località ancora poco affermate se saranno in grado di offrire esperienze turistiche in tutte le stagioni e non solo nelle quattro/sei settimane tra luglio e agosto. Andare in vacanza “fuori stagione” e in luoghi poco frequentati sarà probabilmente un nuovo trend sull’onda del distanziamento sociale; d’altronde il mare di Sicilia è caldo anche in ottobre e le passeggiate più suggestive nei boschi del Trentino si fanno in novembre.
Il fashion retail tradizionale. La casa di moda Elena Mirò ha tracciato una strada per i loro negozi in franchising: aperture solo su appuntamento, una cliente per volta e se il capo provato non viene poi acquistato torna in magazzino dopo essere stato igienizzato con il lavaggio a vapore. Il valore aggiunto starà nella consulenza delle personal shopper che preparano la clientela all’acquisto partendo dalla fotografia (o una video chiamata) del guardaroba per poi costruire una proposta di outfit molto più mirata. Peraltro, già esistono siti web e applicazioni dove puoi provare un capo come se ti trovassi in camerino, e i più avanzati utilizzano anche i visori della realtà virtuale. Sarà una grande occasione per negozi che vendono capi di alta qualità o con alto valore aggiunto. Sarà invece una sfida più ardua per catene e negozi di abbigliamento low cost, che saranno maggiormente incalzate dall’e-commerce. Che senso hanno le “esperienze” tra musica e colori che offrono i negozi di Abercrombie and Fitch o Disegual, se non ci puoi andare con gli amici? Sarà trasferibile su Zoom? In ogni caso competenze e capacità richieste agli assistenti alla vendita dovranno essere per molti versi riviste.
La sanità territoriale. Sul tema sanità si rischiano scivoloni clamorosi e banalità assolute. Anche questo è un nuovo trend: dopo esser stati tutti metereologi, commissari tecnici della nazionale, giudici esperti al Festival di Sanremo, ora il sogno di molti è essere ministro della sanità. Correrò anch’io il rischio. Uno dei problemi che ha determinato questa emergenza è che il nostro modello prevalente di sanità è “ospedale centrico”. Su questo aspetto sono un po’ tutti concordi. Al contrario, uno (non l’unico ovviamente) dei fattori che hanno consentito alla Germania di mantenere un basso indice di mortalità rispetto agli altri stati europei è quello di aver sviluppato negli anni modelli sanitari basati sulle cure domiciliari e territoriali. Per estremo: “stai male? Non venire tu da noi, veniamo noi da te…se poi è necessario ti portiamo in ospedale”. L’Italia ha adottato diversi modelli sanitari – non tanti quanto le regioni, ma ci quasi ci siamo – ma anche delle eccellenze riconosciute nelle cure domiciliari. L’azienda ospedaliera Le Molinette di Torino ad esempio, che per fronteggiare le patologie più ricorrenti che insorgono nella popolazione anziana (i più colpiti dal virus), da molti sviluppa un programma di ospedalizzazione a domicilio, coinvolgendo anche familiari e altri caregiver nel processo di cura. La sanità impatta sulla spesa pubblica italiana per circa 120 miliardi di euro l’anno e di questi una quota che varia tra il 30 e il 40% se ne va per costruire o manutenere ospedali. Cifre da tenere in considerazione, perchè quando tra otto/dieci mesi si tireranno le somme, si scopriranno falle belle grosse.
Infine, tutti i servizi formativi, compresi quelli per lavoratori e i servizi all’infanzia saranno completamente modificati. Capitolo, quello della formazione, che merita un approfondimento specifico.
In ogni caso, con coraggio e perseveranza, insieme ce la faremo.