A seguito della diffusione di questo modello di lavoro collaborativo, un numero sempre più consistente di incuriositi professionisti ha intrapreso la sperimentazione di una diversa quotidianità lavorativa. Tra i nostri intervistati è emerso che il coworking non è per tutti. Per sentirsi a proprio agio all’interno di uno spazio condiviso è necessario avere un approccio al lavoro di cui non tutti dispongono.
Provando a dare una definizione potremmo dire che il/la coworker incarna uno stile orientato alla condivisione di idee e progetti ed è spesso pronto a trasferire le proprie competenze mettendole a disposizione degli altri professionisti sia a fronte di un compenso che per spirito collaborativo. In più, è interessato/a a contribuire alla buona convivenza percependo i vantaggi dell’essere parte di una community formata da colleghi – non colleghi con cui condividere progetti ma anche momenti di svago. Per questi motivi, il coworking non è solo un luogo dove risparmiare sui costi fissi ma è anche un luogo di crescita personale e professionale, di contaminazione e condivisione.
La prima difficoltà emersa riguarda la possibilità di non avere spazi propri, privati, dove avere la massima privacy. Questo è con tutta probabilità il motivo per cui negli ultimi anni molti spazi di coworking hanno assunto una forma ibrida, prevedendo sia uffici privati che postazioni in open space. Alcune persone fanno comprensibilmente fatica a lavorare in contesti multipli, possono non percepire e non trovare oggettivi vantaggi dal farne parte e quindi non trovare modalità di collaborazione con altri coworkers.
Le persone che faticano a lavorare in contesti con scarsa privacy, che non apprezzano la condivisione dei progetti e che non percepiscono i vantaggi dell’essere parte di una community possono trovare numerose difficoltà e decidere di abbandonare lo spazio di coworking. In modo diverso si possono riscontrare altre criticità legate al mancato rispetto di regole di buona convivenza. In questo caso troviamo problematiche come l’occupazione di spazi altrui, il tenere un tono di voce alto durante le telefonate e l’utilizzo di spazi comuni senza averli precedentemente riservati. Spesso infatti questi spazi prevedono luoghi ad hoc dove effettuare le proprie telefonate e dove fare meeting di lavoro. La prospettiva è quindi fortemente diversa da quella di un ufficio classico e questo può comprensibilmente creare difficoltà.
Emerse alcune criticità la differenza sostanziale viene riscontrata nella capacità di gestire il coworking. Quella figura che oggi viene definita Community Manager assume un ruolo chiave per coordinare in modo positivo e bilanciato l’ambiente di lavoro così come fondamentale è il contributo di ogni coworker alla piacevole e rispettosa convivenza.
Chiaramente si soffre anche di problemi che si hanno vivendo con dei coinquilini o in un condominio se vogliamo, per cui ci sono anche aspetti negativi come la gestione degli spazi e dei rumori. Noi abbiamo visto che dialogando si riesce a gestire.
Federico
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