Questa frase esce spesso, quando progetto qualche intervento insieme ad Ilaria Magagna- esperta di facilitazione e docente del nostro corso SOS RIUNIONI- e sintetizza molto bene il mio modo di vedere alcune riunioni, o meglio, le riunioni di alcuni gruppi.
I primi tre punti sono importanti perché ci permettono di separare noi stessi e i nostri colleghi dalle nostre riunioni, di guardare a queste ultime come degli strumenti.
Non siamo persone cattive o lavoratori incompetenti se una riunione dura troppo. Non è così importante assegnare a qualcuno la responsabilità o la colpa se una riunione è durata più del previsto, è più utile riconoscerlo e cercare un modo per aggiustare i tempi la prossima volta
Un’occhio esterno e competente in materia può riconoscere facilmente cosa non funziona in un meeting, ma può bastare un po’ di senso critico per individuare i problemi più grossi e iniziare ad agire su quelli. Ecco alcune domande che possono aiutare ad individuare alcune criticità
Spesso la responsabilità per la buona riuscita di una riunione viene attribuita unicamente al “team leader” di turno: il direttore, il responsabile del team, la persona che ha convocato la riunione, lo stagista che doveva scrivere l’ordine del giorno… In realtà ognuno dei partecipanti può contribuire alla buona riuscita di un meeting o a sviluppare “buone abitudini” di gruppo.
Uno dei miei esempi preferiti è quello del brainstorming: convochi 4-5 colleghi per fare un brainstorming, tutte persone piuttosto competenti sul tema, magari con punti di vista diversi.Introduci il tema e l’obiettivo e fate un primo giro di tavolo. Qualcuno ha già una visione abbastanza chiara del tema oppure gli viene una buona idea e inizia a svilupparla. Qualcun’altro trova alcuni difetti e focalizza lì l’attenzione. Si apre un dibattito tra due-tre persone e il discorso si sposta su aspetti specifici che non è possibile risolvere in quel momento e quindi si torna indietro. Dopo un paio d’ore hai raccolto alcune mezze idee (ognuna con un corollario di critiche), di cui nessuna risolutiva, niente che si discosti dal “già visto”.
È molto più probabile riuscire a generare “nuove” idee affidando ad un metodo il compito di miscelare punti di vista, informazioni e proposte e magari affidare il compito di sviluppare l’output al di fuori della tempesta. Ci sono tanti metodi, molti dei quali prevedono l’uso di post-it, una serie di attività con una durata definita, delle fasi alternate di divergenza (esplorazione e raccolta informazioni) e convergenza (selezione e sistematizzazione) per arrivare ad una sintesi.
Lavorare sulle buone abitudini è un processo continuo: c’è sempre il rischio di tornare sulla cattiva strada (mai smesso di fumare?). C’è però una nota positiva: una volta che hai iniziato e hai ottenuto dei risultati, puoi continuare a sviluppare nuove abitudini e questo manterrà una certa attenzione nel tuo team verso le buone e cattive abitudini. Perché a nessuno piace una cattiva riunione.
Chiudo con un invito: durante le prossime riunioni cerca di osservare le dinamiche che si sviluppano e il livello di risultati che riuscite ad ottenere e annota le tue osservazioni da qualche parte.
Nel giro di due-tre settimane probabilmente avrai ottenuto un quadro abbastanza chiaro delle abitudini del tuo (o dei tuoi) gruppo di lavoro…
.. e potrai utilizzare in maniera mirata i trucchetti che tratteremo nella prossima puntata della newsletter!
Dimenticavo una cosa importante, abbiamo organizzato un bel corso su questo tema, qui trovi tutte le info!