C’è sempre un momento nei laboratori di scrittura, anche a distanza con gli schermi di mezzo, che entrano in scena le mucche scozzesi.
Le mostro fotografate su ampi pascoli nord europei o, dove le preferisco e le incontro, tra i prati delle nostre Dolomiti: chine tra il verde a spezzare, con le loro forme lente e costanti, la linea di confine tra prato e cielo.
Le mucche di cui parlo sempre, a voler essere meno poetica, mangiano e in continuazione. Ruminano.
Ed è qui che inizia tutto.
La scrittura è un’attivatrice della creatività (avrete già sentito dire che chi scrive bene pensa meglio), ma è soprattutto un’azione creativa in sé.
E di creatività, in particolare quando lavoro con giovani e futuri designer della comunicazione o illustratori, è necessario parlare: ancora troppi attendono per sé la vita da creativo tardo romantico, in preda al doloroso momento del gesto artistico che li coglie improvvisi.
Altro dal talento, che pure è potenzialità straordinaria.
Altro dall’ispirazione, che giunge in genere dopo parecchio lavoro.
Scrivere e creare richiedono allenamento, sono abilità che mutano, migliorano e si espandono con l’azione, pratiche che godono di libertà e metodo: gesti da improvvisatore e cura da cesellatore.
Scrivere e creare hanno a che fare con il conoscere, il combinare, il fare-provare-rifare e il nutrire continuo.
Lo sa bene chi scrive per mestiere ed è sottoposto alle richieste costanti di prestazioni, spesso non capite nella fatica invisibile.
Ci si nutre di continuo e, tra mente e stomaco, lo scrivere lavora dentro in una digestione lenta in cui si sceglie e si separano gli scarti dai nutrienti.
Solo dopo la liberazione. E infine la scintilla.
Che pure lei, giunta improvvisa mentre siamo occupati in altro, chiede ancora lavoro: riconoscerla, farla propria e trasformarla.
Alla fine un testo, una frase, un nome.
Roba da mucche al pascolo: lente ma attive, concentrate e sempre affamate.
La misura è il tempo, che lascia sullo spazio di un foglio o di uno schermo l’eco del lento masticare.
Perché le trovo bellissime.
E anche questo atteggiamento di gratuito piacere estetico fa parte del creare, infila tra le parole il piacere di scriverle, asseconda il suono di una penna o di una tastiera con lo sfregolio della soddisfazione per aver trovato la giusta chiusura.
Piccole cose come i fiori gialli del tarassaco nei prati: ma provate a fregarli alla mucca scozzese.
PS: nessuna mucca è stata maltrattata per questo testo, io del resto non le mangio da un bel po’. Sono colleghe dopo tutto.
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