Negli ultimi mesi non si è fatto altro che parlare di smart working e di come esso abbia rivoluzionato la routine lavorativa di moltissime persone. Nonostante le prime incertezze e perplessità, oggi giorno sono molteplici i lavoratori restii ad abbandonare questa modalità lavorativa e i vantaggi che essa garantisce. Ad esempio, in Trentino, come riporta l’indagine sullo smart working svolta dal Coordinamento industria della Cisl del Trentino, ben il 90% degli intervistati vorrebbe proseguire con il lavoro agile anche dopo l’emergenza.
Per questo, la domanda sorge spontanea: cosa ne sarà dello smart working una volta terminato il periodo di emergenza? Verrà completamente abbandonato dalle imprese o diventerà parte integrante della cultura aziendale?
Come afferma Lorenzo Cairo, avvocato ed esperto del diritto del lavoro, lo smart working sperimentato durante la pandemia può rappresentare il punto di partenza per la definizione di un lavoro agile duraturo nel tempo, che si avvicini maggiormente a quanto previsto dall’articolo 81/2017. Ovvero, l’emergenza sanitaria può essere vista come la base su cui manager e HR possono costruire un progetto di smart working, rispettando il vero senso del termine. Ma, in che modo?
I primi dati sugli esiti della pandemia elaborati dall’osservatorio Smartworking del Politecnico di Milano indicano che avere la possibilità di lavorare a distanza fa registrare per le aziende un incremento di produttività pari a circa il 15% per lavoratore, una riduzione del tasso di assenteismo per malattia pari al 20% e una riduzione dei costi di gestione degli spazi fisici del 30% circa.
E quindi lo smart working è il futuro?
Secondo un articolo del Sole 24 Ore “il lavoro del futuro avrà bisogno di regole, il più possibile frutto di accordi tra le parti sociali e non di ingessature normative frutto di una cultura dei vincoli tarata sull’idea novecentesca della prestazione lavorativa. Ma non cambia solo il lavoro, cambia anche il senso e la spazialità dei suoi luoghi. E forse è questa la conseguenza meno prevedibile anche se potenzialmente più dirompente.”
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