Come tutti sappiamo, la recente emergenza sanitaria ha costretto molte imprese a chiudere le sedi fisiche e a porre i propri lavoratori in smart working, al fine di tutelarne la salute. Così, gli uffici si sono di colpo svuotati e la scrivania, simbolo della routine lavorativa di molti, è stata sostituita con tavole da cucina, divani e poltrone. Per molti questo cambiamento è stata una rivelazione tanto che, una volta averne assaporato i vantaggi, non vogliono più farne a meno. Per altri, al contrario, l’imposizione del lavoro a distanza è stato un trauma che li ha spinti a desiderare di tornare al più presto in ufficio, ovvero alla normalità pre-covid.
Dunque, quello che ci si può chiedere é: dove lavoreranno le persone in futuro? Che fine farà l’ufficio? Verrà completamente sostituito dal lavoro agile oppure sopravviverà ad esso? L’Internazionale ha dedicato a questo argomento un intero capitolo, il quale verrà riassunto di seguito nei suoi punti principali!
A causa della recente emergenza sanitaria la vita in ufficio si è completamente fermata. Come afferma la critica radiofonica Catherine Nixey: “nessuno si aspettava un cambiamento così drastico tanto in fretta” nonostante, già prima di Covid-19, l’aumento degli affitti, la rivoluzione digitale e la crescente domanda di lavoro flessibile facevano ben sperare in esso.
Se volessimo rappresentare la storia e l’evoluzione dell’ufficio potremmo tranquillamente disegnare una parabola. Esso si affermò ufficialmente durante la rivoluzione industriale, quando i lavoratori si spostarono dalla campagna alla città per svolgere, dietro scrivanie e banconi, professioni accessorie (finanza, diritto, commercio al dettaglio) finalizzate a sostenere l’industria pesante. Successivamente, si andò incontro a una lenta ascesa soprattutto quando, nei primi decenni del Novecento, l’ufficio divenne l’oggetto principale attorno a cui ruotavano i progetti di molti ingegneri e architetti; infatti, furono molti i cambiamenti architettonici e organizzativi attuati in quegli anni al fine di rendere il luogo dove le persone lavoravano per almeno otto ore al giorno, maggiormente accogliente e stimolante. Tuttavia, tale successo cominciò piano piano a smorzarsi quando si diffuse la minaccia concreta delle ICT, ovvero strumenti in grado di cambiare per sempre le modalità e le tempistiche del lavoro.
Oggi giorno, nonostante i datori di lavoro continuino a promettere benefici e servizi al fine di trattenere i dipendenti (es. pasti gratis, tavoli da ping-pong, palestre, ecc.), sempre più lavoratori chiedono di poter svolgere le proprie attività da remoto, lontani dai locali aziendali. Ciò sottolinea la forte crisi in cui si trova l’ufficio, la quale non si è altro che accentuata a causa della recente emergenza sanitaria. Tutto ciò porta a chiedersi: che fine farà l’ufficio? Esiste il rischio che sia definitivamente sostituito dal lavoro a distanza?
Nonostante il lavoro a distanza venga definito come la minaccia principale all’ufficio, molti non hanno mai sperimentato tale modalità di lavoro e quindi difficilmente sanno bene di che cosa si tratta; infatti, “smart working” è stato uno dei termini maggiormente ricercati su Google negli ultimi mesi e, addirittura, da un sondaggio del 2018 è emerso che solo il 3% degli impiegati statunitensi lavora a casa per più del 50% del tempo.
Per questo, sorprenderà sapere che il lavoro a distanza non è un fenomeno degli ultimi anni; infatti, già negli anni sessanta Jack Nilles coniò il termine telelavoro per indicare un sistema, da lui ideato, di uffici-satellite diffusi nelle periferie urbane, creati in modo tale che gli impiegati potessero spostarsi in sedi più vicine alle proprie abitazioni, a piedi o in bicicletta, diminuendo così il pesante traffico che caratterizzava gli Stati Uniti in quegli anni. Inoltre, una rete di fattorini e di computer avrebbe garantito la comunicazione tra le varie sedi, replicando quello che avviene all’interno di un ufficio.
L’idea degli uffici-satellite, per quanto geniale all’epoca, non attecchì. Infatti, bisognerà aspettare altri trent’anni perché il lavoro a distanza prenda definitivamente piede, poiché è solo nell’ultimo decennio del Novecento che si sviluppano le tecnologie adatte per la sua implementazione.
Il capo personale di Twitter ha affermato che l’azienda “probabilmente non sarà mai più uguale a prima”, e ha concluso dicendo: “Penso proprio che non torneremo al passato”. Mentre i dipendenti di twitter hanno ben chiara la prospettiva aziendale futura, altri lavoratori non sono così fortunati. Molti si chiedono se nei mesi post-covid torneranno a sedersi alla propria scrivania o se, invece, dovranno definitivamente dire addio alla propria routine lavorativa pre pandemia.
Cosa potrebbe sostenere un ritorno attivo in ufficio dei lavoratori?
Ci sono diversi motivi che potrebbero spingere un’organizzazione, e gli stessi lavoratori, a preferire il lavoro a distanza. L’Internazionale ne cita principalmente tre:
la riduzione dei costi: la riduzione del numero di persone all’interno dei locali aziendali favorisce un risparmio per quanto riguarda il mantenimento degli spazi e l’utilizzo dell’energia elettrica
la riduzione dell’inquinamento: molti sono i pendolari che ogni giorno, con la propria vettura o con i mezzi pubblici, si spostano per recarsi in ufficio. Se molti lavorassero da casa si avrebbe una netta riduzione delle emissioni di CO2
la conciliazione vita-lavoro: lavorare a distanza permette di conciliare impegni professionali e personali, soprattutto se al lavoratore viene concessa libertà nella gestione dei luoghi, dei tempi e delle modalità di svolgimento delle attività.
Tuttavia, è fondamentale sottolineare come sia impossibile implementare il lavoro agile dall’oggi al domani. Infatti, servono tempo e pazienza se si vuole fare un buon lavoro!
Innanzitutto, è importante modificare la cultura organizzativa orientandola alla trasparenza. Ciò significa che i lavoratori non devono più essere visti come meri esecutori di attività all’interno di un orario prestabilito, ma come collaboratori in grado di lavorare in team e aiutarsi nelle diverse attività, al fine di raggiungere un obiettivo condiviso.
Allo stesso tempo, è fondamentale rivedere anche la produttività personale. E’ necessario che i lavoratori che si approcciano al lavoro agile siano in grado di organizzare la propria routine quotidiana in modo tale da non farsi distrarre e venir meno alle attività assegnate. Per questo esistono diverse soluzioni, come, ad esempio, il time blocking, ovvero una strategia organizzativa che risale almeno a Benjamin Franklin e che consiste nel destinare a specifici “blocchi” temporali le cose da fare. In questo modo, la giornata di lavoro spesso caotica viene strutturata, e può aumentare in modo significativo la quantità di lavoro che si riesce a sbrigare in un tempo limitato.
E’ una domanda particolarmente quotata negli ultimi tempi!
Sorprendentemente, molte aziende si mostrano disponibili a rendere duraturi i cambiamenti che hanno adottato in questi mesi, dati i diversi vantaggi sperimentati (riduzione delle emissioni, riduzione dei costi e conciliazione vita-lavoro). Questo dovrebbe decretare la vittoria del lavoro a distanza ma la mancanza di interazioni sociali, sentita da molti lavoratori, lascia un po “l’amaro in bocca”.
Per questo, in futuro, concordando con quanto dicono Reid Hoffman, Ben Casnocha e Chris Yeh nel loro saggio del 2014 The alliance: managing talent in the networked age, ci sarà molto lavoro da remoto ma anche molto lavoro in ufficio; ovvero, un compromesso!
Essi prevedono che:
Dunque, possiamo concludere che l’ufficio, ora come ora, non è destinato a scomparire. Tuttavia, esso dovrà essere riorganizzato e adattato, in modo tale che possa convivere con il lavoro a distanza, il quale è destinato ad affermarsi pienamente nei prossimi anni.
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