Dal 2012 mi occupo di comunicazione per il gruppo Confindustria Trento, e un paio d’anni fa ho assunto la responsabilità dell’area Comunicazione Istituzionale dell’Associazione.
Ho conosciuto TST attraverso la vostra proposta formativa: la società di servizi del nostro Gruppo propone corsi e percorsi di formazione, ma ci piace comunque prestare attenzione anche alle opportunità offerte sul territorio, per allargare le conoscenze e tessere relazioni. In particolare, insieme a una collega, tra i corsi della Digital Tank Experience abbiamo scelto di seguire il corso su LinkedIn di Danilo Castelli. Abbiamo fatto poi una seconda, bella esperienza, partecipando al corso di scrittura per il web con Barbara Bernardi.
Vengo da studi storico-artistici: mi sono laureata in Conservazione dei Beni Culturali a Venezia e sempre a Venezia ho conseguito un Dottorato di ricerca in storia dell’arte contemporanea. Al tempo, poiché già lavoravo come operatrice didattica al MART di Rovereto, scelsi di rimanere comunque in Trentino. Avevo una gran voglia di diventare al più presto economicamente indipendente e per questo cercai altre forme di collaborazione che mi consentissero qualche guadagno ma anche una certa flessibilità, oltre che strumenti e competenze utili al mio lavoro di ricerca. Ho iniziato così a collaborare con il quotidiano Adige. Pensavo che avrei potuto recensire mostre ed esposizioni, ma le richieste della redazione mi spingevano più spesso a scrivere di cronaca: uno spazio completamente nuovo, ma terribilmente stimolante.
In quel periodo ho finalmente conosciuto davvero il mio territorio: ho stretto relazioni che mi hanno portato a nuove occasioni professionali, che mi hanno indirizzato verso il giornalismo e avvicinato più in generale al mondo della comunicazione.
Ho lavorato con il Comune di Rovereto, per il quale curavo un progetto di marketing territoriale volto alla valorizzazione dei grandi eventi promossi sul territorio, con la casa editrice Keller, alla quale sarò sempre grata perché è lì che ho avvicinato il mestiere dell’addetto stampa e perché mi ha dato l’occasione di fare esperienze uniche di enorme respiro (era il tempo del premio Nobel a Herta Muller).
Infine sono approdata alla redazione di RTT la radio: l’emittente che mi ha consentito di fare il praticantato giornalistico, di accedere all’esame di stato e di diventare giornalista professionista.
A casa, la sera e nel fine settimana, scrivevo e riscrivevo i capitoli di una tesi di dottorato che doveva corrispondere, anche nello stile, al rigore della ricerca scientifica.
In radio lavoravo per costruire contenuti di qualità usando però un linguaggio il più possibile accessibile: se il testo trasmesso attraverso un canale vocale è troppo complesso il messaggio rischia di non passare.
Il target della Radio ci imponeva anche di adottare un tono di voce leggero, di privilegiare un taglio fresco, giovane, poco tradizionale… insomma, esercitavo forme di comunicazione scritta e parlata completamente diverse. Ho riflettuto molto sul valore del termine “divulgazione”. E’ l’aspetto che ha preso a starmi più a cuore, ed è forse il motivo per cui mi è piaciuto, a un certo punto della mia esperienza in radio, lasciare e scegliere di fare l’ufficio stampa.
Mi occupo di comunicazione a tutto tondo, per un’Associazione di categoria che rappresenta le imprese industriali del Trentino: lavoro per valorizzare il ruolo di Confindustria Trento presso i suoi Associati (o per quanti potrebbero diventarlo) e per promuovere l’immagine dell’industria trentina presso la nostra comunità.
In buona sostanza, d’intesa con i miei vertici e grazie alla collaborazione di un giovane collega molto skillato sui nuovi media, mi preoccupo di tradurre concetti complessi in contenuti accessibili al pubblico al quale sono destinati, che si tratti di informazioni tecniche o di prese di posizione politiche. E poi racconto tante, bellissime storie d’impresa.
Vi sono contenuti che proponiamo ai media per i loro approfondimenti, e contenuti che destiniamo ai nostri associati attraverso i canali attivi: le newsletter, i social media, la nostra rivista bimestrale, i podcast. Grazie alle risorse offerte dalle nuove tecnologie siamo in grado di comunicare in tempi molto rapidi un sacco di informazioni… con il rischio di perdere d’efficacia.
Ci interroghiamo periodicamente sui risultati del lavoro che facciamo e spesso aggiustiamo il tiro delle nostre strategie, senza mai perdere però di vista l’impronta della nostra identità.
In generale, l’amore per quello che faccio. Ho il grande privilegio di fare un lavoro che mi piace, e cerco di farlo nel miglior modo perché farlo mi gratifica e mi dà soddisfazione.
Trovare la maniera giusta per dire cose importanti, per farsi capire, anche nell’ottica di un miglioramento collettivo, è di per sé un compito sfidante. In questo momento storico lo è ancora di più: i corpi intermedi, la rappresentanza, devono ripensarsi, riposizionarsi e raccontarsi in un modo nuovo. Senza rinunciare al valore della complessità, senza cadere nella tentazione di uniformarsi alla corrente degli slogan.
Continuo a cercare occasioni di formazione e di aggiornamento, ma anche e soprattutto di contaminazione, perché a conti fatti è stata questa la vera chiave del mio percorso professionale. Credo che ancora oggi una parte del valore aggiunto che posso garantire risieda nei portati della contaminazione, ed è con questo spirito che anche nel tempo libero scelgo di vivere esperienze nuove e trasversali.
Io non vengo dal mondo del digitale, ho imparato a nuotarci dentro.
Ho visto il digitale prendere il sopravvento, sulle strategie e sui contenuti, e ho avuto spesso la sensazione che si dimenticasse che è solo uno strumento, per quanto potentissimo: un mezzo e non un fine. Alle volte ho la sensazione che la qualità del messaggio abbia perso di valore nel passaggio all’online. Nessuno manderebbe in stampa un flyer scritto male… e allora perché sponsorizzare un post scritto male.
Riformulare un contenuto in ragione del canale che viene utilizzato non significa appiattirlo, banalizzare, tradirlo.
Comunicare nell’era del digitale è forse più difficile di quanto non sia stato farlo fin qui: bisogna conoscere molto bene un argomento, per farlo conoscere anche a chi potrebbe non saperne nulla, nei tempi e nei modi dettati dalle nuove tecnologie. Per chi si approccia al mondo del digitale, il mio consiglio è di avere ben chiaro che si troverà di fronte alla necessità di scegliere tra professionalità diverse. Nessuno potrà essere mai competente in tutte le professioni della comunicazione digitale, ma certamente potrà tentare di diventarlo in un mix unico, distintivo e vincente.